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Intervista: SILENCE IS SPOKEN


La nostra Sonia Wild concludeva così la recensione dell'ultimo album dei Silence Is Spoken (recensione QUI): "Questa è una band ROCK come se ne sentivano tante in passato, in grado di sorprendere e portare l'ascoltatore in un vero trip sonoro. Se non li conoscevate, rimediate". Bene, se volete saperne di più di questa band, continuate con la lettura! 
Risponde Samuele Camiciottoli (voce)

1) Ciao ragazzi e benvenuti sulle pagine virtuali di Hot Music Zine! Vogliamo parlare di come si è svolto il processo che ha portato alla realizzazione del vostro nuovo album?
Ciao, grazie mille per l’invito, è un onore per noi rispondere alle vostre domande. Questo ultimo album è stato un processo che ha richiesto un tempo di lavorazione piuttosto lungo. Non tanto per la creazione dei brani (siamo sempre stati piuttosto veloci a realizzare nuovi pezzi), quanto per varie vicissitudini all’interno della band che hanno rallentato un po’ la finalizzazione del lavoro. Dal 2015, periodo in cui abbiamo iniziato a lavorare ad alcuni pezzi presenti nell’album “11”, abbiamo cambiato cantante e chitarrista, mentre Lorenzo, batterista, si è preso qualche anno di pausa per fare altre esperienze musicali in UK prima di rientrare alla base. A proposito, ringraziamo tutti i musicisti che hanno contribuito al progetto e in particolare Lorenzo Orsi che ha dato un grande contributo alla band nel periodo 2018-2021. All’interno della famiglia Silence, i brani nascono quasi sempre dalla parte ritmica, da un’idea di basso e da un pattern di batteria che si incastrano perfettamente come in un tetris. Si crea così la struttura “grezza” che poi viene abbellita e “colorata” dalle chitarre (che in genere almeno nelle parti più hard ricalcano esattamente le linee del basso creando un muro di suono), dalle voci e infine dai synth o dal piano, seguendo un processo molto legato al sentire di ciascuno di noi. In genere, funziona quasi sempre alla prima; non siamo mai stati dei fanatici del perfezionismo, o meglio sarebbe dire del tecnicismo fine a se stesso. Vogliamo che la nostra musica rifletta esattamente chi siamo e per far questo bisogna che il processo creativo segua l’anima e non sia costruito a tavolino. La musica, secondo la nostra visione, non può prescindere da questo. Inoltre, siamo tutti musicisti molto sensibili alla ricerca dei suoni e non guasta il fatto che molti di noi siano polistrumentisti.
A proposito, parlando del sound e della produzione, un plauso va anche ad Andrea Dell’Olio e Furio Lanciano dello studio Soundscape di Firenze per lo straordinario lavoro condiviso in studio.

2) Vogliamo parlare dell'artwork di copertina, magari analizzandolo nello specifico?
La foto, molto suggestiva e fatta da Leonardo Pasquinelli di Officine Fotografiche, è un cervello congelato. La sede dei nostri pensieri, della nostra essenza dentro un blocco di acqua solidificata. Se pensiamo al momento storico in cui siamo immersi, ritengo che il concetto sia piuttosto esplicito. Allo stesso tempo però non vogliamo offrire una chiave di lettura univoca, non vogliamo affermare che quell’immagine rappresenti necessariamente una condizione irreversibile, una cristallizzazione del pensiero o l’annientamento della ragione. Il congelamento e lo scongelamento sono la stessa curva dello stesso processo vista da due punti e in due istanti differenti. Sta all’osservatore porsi nel punto e nel tempo che ritiene siano “il proprio posto in quel momento”. Lo stesso approccio lo suggeriremmo a chi ascolta il disco, concedersi la libertà di mettere in discussione quello che si pensa di aver visto, di aver sentito, o di aver capito per poterlo elaborare diversamente.


3) Ci volete spiegare il titolo dell'album a cosa si riferisce?
Provo a legarmi alla domanda precedente perché artwork, titolo e brani sono collegati fra loro. Considerato come il primo numero maestro, l’11 porta con sé un messaggio di forte cambiamento in seguito ad una maturazione, all’utilizzo consapevole di una grande forza. Come per l’immagine del cervello dentro il blocco di ghiaccio, le tematiche sviluppate all’interno dell’album ad un primo ascolto possono apparire come delle istantanee cristallizzate, cupe e pessimiste. Ma niente è immutabile e possiamo spostare quell’istante nel punto che più desideriamo, andare verso il congelamento, restare immobili nella fase del congelamento o metterci nella condizione di cambiare punto di vista attraverso un grande sforzo e trasformare l’immagine che pensavamo fosse quella di “un cervello congelato” in quella di “un cervello che si sta per scongelare”. Ecco perché l’11, perché rappresenta la possibilità di cambiamento, una speranza.

4) Vogliamo parlare delle vostre influenze musicali?
Penso che ascoltando il disco si possano facilmente sentire tutte le principali influenze della band. Gli anni 90 sono stati una scuola meravigliosa per tutti noi, chiunque sia passato dai Silence non può non avere avuto a che fare con i Tool, i Rage Against The Machine, gli Alice in Chains, i Soundgarden e la scena grunge in generale, ma anche con Deftones, Helmet, Massive Attack, Korn e tante, tantissime altre band che hanno iniziato a fiorire proprio in quegli anni. Anche alcuni progetti degli anni 70 come King Crimson, Pink Floyd, Led Zeppelin, seppur in modo forse meno diretto, hanno senz’altro dato un’importante impronta al nostro modo di interpretare la musica.

5) Che tematiche affrontano i testi delle vostre canzoni?
Eh, bella domanda. Diciamo che più che chiamarle tematiche si potrebbe parlare di condizioni, sensazioni, stati d’animo che poi sono applicabili a dei contesti. La tematica principale è quella della condizione umana, il rapporto con se stessi, il confronto con le aspettative, la società, i rapporti con le dipendenze, e per dipendenze non intendo le droghe ma quelle dipendenze che chiamiamo con altri nomi, tipo la ricerca dell’accettazione da parte degli altri o la necessità di imporre delle regole limitando la libertà altrui come se fosse qualcosa di diverso dalla propria, la tendenza a compensare con beni materiali lo spreco di tempo impiegato a fare cose che odiamo. A good God e Genesis 19_24, per esempio, parlano del rapporto che gli uomini hanno con Dio, non inteso necessariamente come una figura spirituale, ma inteso come quella cosa verso la quale rivolgiamo ogni giorno la nostra devozione totale, denaro, successo, fama, di come questa adorazione, questa necessità di crearci il nostro “Dio buono” ci plasmi e ci trasformi. Altre come War abc Song, 3Lateral Kingdom e 1984 parlano invece del processo di istruzione/informazione/manipolazione che ci viene somministrato dalla nascita e che accettiamo senza farci troppe domande. Quelle domande ci vengono fatte invece in Game Over dalle persone, o quella parte della nostra personalità, che ancora questo processo non l’hanno digerito in pieno, i bambini, i giovani, il ragazzo che vive dentro un anziano. Cerchiamo di raccontare semplicemente le sensazioni che viviamo nella vita di tutti i giorni, le condizioni che attraversiamo o abbiamo immaginato di vivere immedesimandoci negli altri. Spesso in questo racconto emergono più lati della personalità in conflitto fra loro ed è in questo scambio che si possono trovare le chiavi di lettura dei vari testi.


6) State già lavorando a nuova musica? Avete già una idea di come si evolverà il vostro sound?
Si, stiamo già preparando nuovi brani. Nella band, salvo rari momenti, non c’è mai stata stasi, anzi, il processo creativo è all’ordine del giorno. Ritengo che il sound possa evolversi in qualche modo verso sonorità ancora più ipnotiche, psichedeliche ed atmosfere rarefatte. Tutto però sempre ben basato su una parte ritmica molto solida. Di sicuro cercheremo di non far mancare nei nostri futuri brani il “tiro” che ci è sempre stato riconosciuto.

7) Se doveste convincere un nuovo ascoltatore a scegliere la vostra musica e a scoprirla, come cerchereste di convincerlo?
Bella domanda! Non è mai semplicissimo parlare della propria musica e ancor meno promuoverla o descriverla in maniera oggettiva. Quello che direi a un nuovo ascoltatore è che se volesse approcciarsi a della nuova musica veramente rock a 360 gradi, potrebbe darci una chance. In fondo l’ascolto del nostro disco richiede poco meno di cinquanta minuti!

8) Cosa ne pensate del fatto che molta gente sia tornata a comprare vinili, e in generale acquisti supporti fisici?
Di questo sono sinceramente molto felice. Noi non abbiamo mai smesso di acquistare i supporti fisici. Vuoi mettere la magia di un vinile o comunque, anche se in tono minore, di un CD, aprirne la confezione ed assaporarne tutta l’essenza? Sfogliare il booklet, leggere i testi mentre si ascolta un brano e contestualizzarlo con le immagini…poesia! Per come sono fatto io, il supporto fisico riveste ancora un fascino incommensurabile che raramente può essere sostituito da altro.

Intervista a cura di Sonia Wild

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