Intervista: DEMOGHILAS


01. Ciao Alfred, parliamo del tuo ultimo album, "Antagonist", dai primi riff fino alla sua uscita. Ciao a voi, grazie innanzitutto! 
“Antagonist” era una storia che esisteva da quando ho messo su il mio organico, un concept che parla di alcuni dei più famosi cattivi del cinema o della letteratura, in questo caso degli antagonisti, perché si parla di figure tragiche come il Mostro di Frankenstein che hanno intrapreso un sentiero oscuro perché fatti a pezzi da qualcun altro di ben più malvagio e cosciente di esserlo. Quindi figure come Darth Vader o Godzilla. Ho cercato di immedesimarmi in loro e di narrare la visione delle cose in base al loro punto di vista, al punto da cantare quasi recitando e imitando le loro voci. Questo perché anch’io mi sento a pezzi e tradito dal mondo. Anch’io come loro sono in cerca di vendetta o di quella felicità negata che invece dovrebbe essere dovuta ad ogni essere vivente. In merito ai riff, ho usato una pedaliera Boss GT100 con un suono tipico degli amplificatori Orange – che dopo le chitarre Epiphone sono il mio più grande amore nella strumentazione musicale. E ho usato la mia chitarra a doppio manico fabbricata su commissione dal mio liutaio Donato De Rubeis. Ho optato per delle melodie semplici ma d’effetto, cercando di non ripetermi troppo. Alla fine, a parte il canto in cui mi sono reso conto dei miei limiti e dei miei ripensamenti, il disco è uscito come volevo io: chitarre Orange, gravi a destra e acute a sinistra, batteria vintage echeggiante in sottofondo e voci in rialzo. Sul basso, ora che ci ripenso, avrei potuto usare un po' di distorsione, ma volevo un disco con uno spirito punk da garage, e questo ho ottenuto, con tutti i rischi e i ripensamenti del momento, dato che allora mi sembrava la scelta giusta. La produzione è iniziata l’anno scorso e si è conclusa ad Aprile del 2024. 

02. Come sono stati finora i pareri riguardo questa nuova uscita? 
In linea di massima come i risultati precedenti, almeno per quanto riguarda la mia voce che sembra non essere all’altezza in certi punti. Io non ho mai preso lezioni di canto, mi viene solo naturale, canto per passione e cerco di metterci tutto il mio impegno e di fare il meglio che riesco a fare. Poi dei cali di voce o delle note imprecise ci possono stare, dato che io sono un autodidatta e il mio modus operandi è “cotto e mangiato”, senza troppi pensieri, quelli mi bastano già nella mia vita privata. Qualcuno sostiene che mi manchi un produttore, me ne guardo bene, non ho intenzione di farmi strillare addosso e dover rifare la stessa cosa cento volte fino a farmi perdere la passione, la voglia e la pazienza. Come dissero i Ramones “Questo non è Rock and Roll”. Insomma, un conto è ricominciare se la chitarra è scordata o se hai proprio stonato, o se magari non eri sereno e convinto mentre registravi… Ti dico solo che “I Love You to Kill You” l’avrò ricantata almeno venti volte perché non ero mai contento, al punto da chiedere aiuto a Corinne di Marco, una bravissima docente di canto. La versione finale l’ho cantata un pomeriggio che ero veramente arrabbiato per delle faccende famigliari. Forse per questo disco specifico, che ha un sound volutamente più underground dei precedenti, hanno trovato dei punti deboli sulla solita voce e sulla produzione, magari anche sulla batteria come sempre artificiale, ma sono punti di vista e io non li contesto. Io cerco sempre di fare qualcosa di diverso ad ogni album, mixaggio e suoni primi tra tutti. Forse non è stata una scelta corretta, ma era ciò che sentivo fosse giusto, non ci sarà un altro album totalmente uguale a questo. 

03. Come mai prosegui il tuo percorso da solo? 
Perché in passato ho cercato di mettere su una band e fare dei concerti, ma mi sono sempre imbattuto in difficoltà e litigi di ogni tipo: musicisti incompetenti e arroganti, locali che non ti chiamano se non porti tu il pubblico, gente che non vuole venire a sentirti perché non sei nessuno a meno che non sia una cover band, e poi i soliti impegni tra soldi e lavoro. Ho finito con calma le mie università e nel frattempo ho studiato tutti i procedimenti per mettere su uno studio casalingo e poter trattare i pezzi da solo, grazie al mio amico Pierpaolo Lucchesi dei Traum Jesters – che ha mixato e masterizzato i miei album a parte il terzo. Purtroppo questa è una realtà che vedo spesso, musicisti che infine decidono di proseguire da soli perché stanchi di sprecare le loro energie con chi non è disposto ad aiutarli. È anche il motivo della qualità del mio progetto: registrazioni casalinghe e batteria computerizzata, dato che non posso permettermi al momento una batteria vera con la stanza insonorizzata e i microfoni, non nascendo neanche come batterista, benché sappia suonarla non mi fiderei a registrarla. Eppure ci ho provato e ho appurato che non era la giusta direzione. Continuo ancora a sognare di fare qualche concerto, ma se anche non dovesse mai venire non abbandonerò mai la mia passione e invito chiunque stia leggendo queste parole a fare altrettanto: non smettete mai, anzi abbiate più coraggio e pazienza di me che ormai mi sono stancato di tutto. 

04. State per caso già componendo qualcosa di nuovo e come pensate che suonerà? 
Ho registrato una Demo per il prossimo album, di cui ho già in mente alcune tracce e una data di uscita nei prossimi due o tre anni, perché nel frattempo voglio occuparmi anche dei miei racconti, in parallelo con la musica. Come detto prima, voglio che sia una storia e una produzione diversa da qualsiasi altro album, anche se le tematiche legate al nichilismo e alla vendetta resteranno sempre come valvola di sfogo. Se questo “Antagonist” è stato pensato per suonare più Rock, in alcuni aspetti, vorrei che il prossimo fosse molto più pesante e sperimentale, stavo pensando anche a degli omaggi al Folk. Il tempo lo saprà dire. 

05. Secondo te in cosa si differenzia questo tuo nuovo album dai precedenti? 
Per me soggettivamente, dalla voglia di ritornare alle origni, al primo album “Vengeance on All!”, anche forse per cercare di riprendere quell’atmosfera di spensieratezza nella mia vita privata, in quegli anni, nonostante le cose avessero iniziato ad andare già male. Ma sapevo che così non sarebbe stato perché “Antagonist” aveva già una storia, un concept e un filo rosso che legava questi antagonisti, il primo album è stato un lavoro spontaneo senza una vera e propria direzione, componevo solo quello che volevo e che sentivo. Anche oggi è così, ma con molta più narrativa. Rispetto agli altri album, in particolare al terzo “Sin Easter” dove ho mixato e masterizzato io e in cui il suono era meno Underground e più vicino al Melodic Death moderno, con suoni più dettagliati e complessi, quest’ultimo lavoro ha si la sua storia nei testi e, di contrasto, sempre secondo il mio punto di vista, una composizione più semplice alla portata di tutti, per certi versi anche più radiofonica ma non commerciale, dato che sento di fare tutto questo solo per me e non per le emittenti interessate solo ai generi più in voga. 




06. Dove vorresti che arrivasse il tuo progetto? Insomma qual è il tuo più grande obiettivo? 
Fare dei live mi sembra scontato, anche se ormai sono al quarto album e tra tre anni saranno dieci di attività. Forse potrò farli quando avrò finito di comporre, o magari se riuscirò ad andarmene da questo Paese senza rispetto per l’arte. Mi sarebbe anche piaciuto suonare con alcuni dei miei gruppi preferiti o con qualche loro componente. Cerco di pensarci il meno possibile, mi basta saper essere ancora in grado di suonare una chitarra o una batteria e sono già contento così. 07. Quali sono le band che più ti hanno influenzato e quelle che ancora ti influenzano? Prima, quando ho nominato i miei artisti preferiti, stavo parlando dei Rammstein. Sono in assoluto il mio gruppo del cuore, gli unici che vado sempre a vedere dal vivo in prima fila, quando degli altri mi importa poco o vedrei solo dagli spalti. Li ho scoperti a 18 anni ed è stata una rivelazione, ho capito veramente che tipo di musica volevo fare, senza ovviamente scopiazzarli dato che ho anche altri gruppi che mi hanno formato: i Black Sabbath, per esempio, senza Tony Iommi non esisterebbe l’Heavy Metal. I Goblin o i Daemonia per quel tipo di Rock/Metal strumentale da colonna sonora dei film horror – che io adoro – così come i soundtrack dei videogiochi vintage sulla scia di Final Fantasy. Tra gli altri miei gruppi preferiti, che ascolto quando leggo Dylan Dog, ci sono i Death SS, i Led Zeppelin e gli HIM. In generale ho un interesse per il “Melodic Death-Doom Industrial” 

08. Abbiamo finito, lascia un ultimo messaggio ai nostri lettori! 
Grazie per la chiacchierata, mi sento sempre bene quando parlo con qualcuno che si interessa a quello che fa e che mi da la possibilità di esprimermi. Non ho molti fan, ma a chi è rimasto fino alla fine, anche senza aver ascoltato i miei lavori, voglio solo dire grazie e, mi raccomando, non rinunciate mai al vostro sogno. Non lasciatevi spazzare via dalla tempesta, sappiate ballare sotto la pioggia. Non permettete ai vostri demoni di farvi sprofondare, siate in grado invece di poter regnare all’Inferno. Rinunciate a tutto quello che vi fa star male, soprattutto ai legami tossici anche e soprattutto famigliari, non drogatevi e divertitevi ma con responsabilità. Se avete tradito e abbandonato chi vi amava le mie parole non valgono, non siete per me molto diversi da qualcuno che rovina la vita ad un ragazzo per farlo andare bene a scuola. Le cicatrici non se ne vanno. Siate quelli che medicano le ferite, non che ne causano di nuove. Ciò detto, fiducioso di essermi rivolto a chi sa di cosa sto parlando, grazie a tutti un’ultima volta! A presto!


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