HELMS DEEP "Treacherous Ways" (Recensione)
Full-length, Nameless Grave Records
(2023)
Dalla Florida non arriva solo Death Metal, ma anche caro, vecchio Speed Metal debitore di quanto codificato negli anni ‘80: già l’artwork di copertina, che miscela iconografie fantasy e sci-fi, riassume quelle che, da sempre, sono le fissazioni tematiche per il genere: il nome stesso della band parla chiaro, con tanto di logo adornato con una coppia di spade!
Speed Metal, dunque: accelerazione dello stile tipico della NWOBHM, ma senza eccedere con la melodia di facile presa, senza arrangiamenti sinfonici e senza la tentazione di ricadere nella forma “canzone”, quindi no, non è Power Metal! Per rispolverare le nostre nozioni teoriche, ricordiamo che lo Speed Metal non ha alcuna influenza dall’Hardcore Punk, com’è invece il caso del Thrash Metal. Un disco dalla durata un po’ eccessiva, per i miei gusti: non mi piace troppo la timbrica del cantante, il quale però esegue le sue parti con tutta la convinzione e la dedizione del caso! Le chitarre insistono in plettrate alternate a corda stoppata come da manuale del genere, con una grande precisione ritmica, mentre i fraseggi puramente melodici di chitarra solista non sono poi tantissimi, ma quel che abbiamo si lascia assai apprezzare!
Senza dubbio un buon album di debutto, e poi il vostro umile recensore non può che applaudire dinanzi a chi porta avanti, oggigiorno, queste sonorità così retrò, vintage, eppure immortali perché scolpite nei cuori di tanti appassionati. Non ho idea se quel movimento iniziato una dozzina di anni fa, ovvero la New Wave Of Traditional Heavy Metal, sia ancora prolifico o si sia concesso una battuta d’arresto. Questi Helms Deep fanno la loro bella figura fin da subito: anche grazie a loro, possiamo affermare che il genere è ancora vivo e non accenna ad ossidarsi. Poi, certo, mi si può far notare che il metal tutto è entrato in una stasi evolutiva già da vent’anni a questa parte: non nascono più nuove ramificazioni dotate di una propria identità ed autonomia, ma si finisce sempre per omaggiare o rimaneggiare stilemi già ben definiti e consacrati a suo tempo.
E’ un discorso complesso, che va oltre la recensione d’un singolo album come questo: forse è vero che il “nuovo che avanza” è solo del vecchio tirato a lucido, e quindi uscite come questa non rappresentano una nuova vita per il genere, ma sono solo segnali d’una mancanza di veri spunti creativi e rivoluzionari: il metal procedeva alzando di volta in volta l’asticella, rompendo i limiti per edificarne di nuovi, da superare al prossimo giro. Qui invece siamo ormai belli comodi nei confini prestabiliti, e le cose potrebbero rimanere così ancora per un bel po’: non è una critica alla band in analisi, ma un’osservazione sul contesto in cui si generano album – apprezzabili – come questo. Adoro queste sonorità , lo sapete, ma sono delle comfort zone, e forse a questo punto il metal non può far altro che ripetere se stesso. Ci piace così, ce lo facciamo andar bene, però una riflessione è d’obbligo, no?
Recensore: LV-426
Voto: 7,5/10
1. Fire Rain
2. Treacherous Ways
3. Fight or Flight
4. Medusa's Requiem
5. Annihilation
6. Breaking the Seal
7. The Keep
8. Sorcery
9. Mountains of the Scorpion
10. Headless Horseman
11. Serpent's Eye
Line-up:
John Gallagher - Bass, Vocals (backing)
Mike Heller - Drums
Alex Sciortino - Vocals (lead), Guitars
Mike Heller - Drums
Alex Sciortino - Vocals (lead), Guitars
Links:
Bandcamp
Spotify
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