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CHRONOSFEAR "The Astral Gates Pt. 1: A Secret Revealed" (Recensione)


Full-length, Elevate Records
(2022)

Si dice aprile dolce dormire…ma la bella Samara, nel bellissimo film “The Ring” diceva in modo inquietante e maligno:” io non dormo mai…”, ed in effetti come si può dormire con tutte queste belle uscite in campo metal? In questa mia nuova recensione vi parlo dei Chonosfear di cui qui sotto vi lascio la biografia completa presente sul press-kit (non è farina del mio sacco), non lo faccio mai, ma è esaustiva e mi dico: perché non usarla? Leggetela e capirete meglio con chi abbiamo a che fare!

“I CHRONOSFEAR nascono a Brescia nel lontano 2003 con il nome di "Wings of Destiny", dalla mente di Michele Olmi, dediti alla riproposizione di cover power metal dei grandi nomi della scena (Gamma Ray, Rhapsody, Stratovarius, Sonata Arctica ecc). Successivamente a diversi e numerosi cambi di line-up, la band riprende vita con il nome di CHRONOSFEAR nel 2012, con il solo Michele rimasto dalla formazione originale, intenzionato a portare on-stage una band di power metal sinfonico con brani originali. Un primo demo di tre pezzi viene registrato nel 2013, dopodiché tutti i componenti, ad eccezione di Olmi, lasciano la band. Tra il 2015 e il 2016, i CHRONOSFEAR trovano finalmente la propria stabilità nella formazione attuale, composta da Michele Olmi (batteria, anche mente del suo progetto solista Embrace of Souls), Davide Baldelli (tastiere), Xavier Rota (basso, anche negli Embrace of Souls) Filippo Tezza (voce e songwriting, anche mente dei suoi progetti solisti Tezza F. e Silence Oath) e infine Edoardo “Thespot” Lamacchia, entrato nella band nel novembre 2016. Una line-up finalmente compatta, composta da musicisti preparati e con diverse esperienze nel campo musicale. Nell'estate del 2017 è stata conclusa la composizione del primo disco ufficiale "Chronosfear", uscito nel maggio 2018 per l'etichetta storica italiana Underground Symphony Records (Labyrinth, Arthemis, Sabaton, White Skull...). Nel settembre 2019, la band si separa dal chitarrista Edoardo Lamacchia, per divergenze artistiche ed obiettivi differenti. Il successivo novembre viene ufficializzato l’ingresso del nuovo chitarrista della band Frank Campese. Il secondo album, ultimato e registrato durante i lockdown dovuti alla pandemia mondiale da Covid-19, si intitola “The Astral Gates Pt. 1 – A Secret Revealed” e costituisce la prima parte di un concept suddiviso in due album. L’album uscirà per Elevate Records nei primi mesi del 2022. I Chronosfear hanno condiviso il palco anche con importanti artisti quali Lacuna Coil, David Ellefson (ex-Megadeth), Serenity, Temperance, Crying Steel, Edu Falaschi (ex-Angra), Elvenking, Arthemis, White Skull, Trick Or Treat, Kiko Loureiro (Megadeth, Angra), Skeletoon, Skanners.”

Bravi, adesso che avete letto tutto, parliamo di questo bel platter di dodici tracce per una lunghezza di circa cinquantuno minuti di power/symphonic metal. La prima traccia è "2101: Ruins of Our World - Prologue" e il titolo stesso lo dice, è un prologo dove troviamo cori, sintetizzatori e tamburi. Tutto pronto quindi per la seguente "Faithless Time"s che inizia con le tastiere ed una batteria martellante, tutto condito da orchestrazioni epiche. La voce inizia in growl per poi trasformarsi in un classico vocalizzo power, il ritornello è decisamente melodico, i ritmi sono sostenuti dalla chitarra e dalla batteria che fanno bello sfoggio di sé. Continuiamo con "For a New Tomorrow"; qui la batteria e la chitarra partono serrate e subito cariche, sintetizzatori e nuovamente orchestrazioni come se piovesse, un brano grintoso e melodico. I cori hanno sempre un loro perché e risultano ben incastrati nel mood del pezzo. Il solo di chitarra che arriva a metà brano, anche se un po’ sottotono, è davvero ben fatto. In generale una traccia più robusta della precedente.

La successiva "The Astral Gates" inizia con due begli schiaffoni di batteria ed è bello il riff di chitarra che segue, la voce passa da un clean di stampo classico ad un narrato maligno, che dinamicizza il tutto. Il ritornello, con il supporto dei cori, diventa ultra-melodico, la traccia è godibile ed ogni strumento ha parte in causa. Interessante davvero il risultato che ne esce. Si passa ora al quinto capitolo di questo epico album, ovvero "Under This Bleeding Sky". L’inizio è composto da una chitarra effettata, a seguire la batteria rotonda e corposa. La voce è molto suadente accoppiata a cori ed orchestrazioni, il brano è molto ampio, melodico in modo smodato. Si sente chiaramente la necessità della band di esprimere con voglia il sacro verbo del metallo, ma il tutto a mio parere tarpato dalle troppe orchestrazioni che a volte sono davvero ingombranti, rendendo questo pezzo dall’essere potenzialmente interessante ad essere sicuramente noioso. Passiamo avanti con "Paralyzed - Interlude I"; circa un minuto di sintetizzatori a spezzare la soluzione di continuità del disco, ed ecco a seguire "Beyond"; un brano che inizia anche questo in modo epico e molto carico, in perfetto stile power-metal, voci, cori, nulla lasciato al caso, molto meno orpelloso dei precedenti, forse più diretto ed impattante soprattutto per le belle cavalcate di chitarra e batteria che imperversano in tutta la traccia, e sul finire un bell'assolo di chitarra.

Il disco continua con "Fragments". Questo pezzo ha sempre un’impostazione più lineare come il brano precedente, ma in più ha la voce di Alessia Scolletti dei Temperance ad impreziosire il tutto, e devo dire che ci riesce decisamente bene, adoro il connubio voce maschile e femminile, il brano diventa di un’intensità e di un fragore non comune, posso sicuramente definirlo il più bello in assoluto. Eccoci arrivati al secondo interludio: "Code Red - Interlude II", che separa nuovamente il disco e ci avvicina agli ultimi tre brani, il primo dei quali è "Eyes of the Wolf". Batteria e chitarra sugli scudi, il pezzo è quasi sornione parte piano per poi crescere gradatamente, i cori sono più astiosi e la voce è meno carezzevole di quella sentita precedentemente, a dimostrare una continua mutazione del disco. A metà traccia interessanti il solo prima di basso e poi di chitarra. Il finale è davvero gustoso, soprattutto per i diversi approcci vocali e gli interventi strumentali ed orchestrali che occorrono a diverse riprese. The Fortress Tower; questo è il penultimo capitolo dell’opera la partenza è con i fuochi artificiali, chitarra, batteria ed orchestrazioni, i ritmi sono alti e tutto è veloce e grintoso il ritornello rimane molto melodico e ficcante con i cori a supportare il cantato di Tezza, il brano dura poco meno di sette minuti ed è molto godibile e per nulla scontato, soprattutto nelle battute finali dove la band riesce a dare davvero tutto. Eccoci giunti infine all’ultimo brano che ha il titolo di "The World I Left Behind". Il pianoforte, la voce delicata, poi una batteria molto soft, ma come in tutte le canzoni che partono in questo modo, si è destinati a crescere, infatti lentamente i ritmi aumentano, non esponenzialmente ma gradatamente, una lenta curva verso l’alto fino alla chiusura dove tutto si ferma.

Considerazioni finali:
Il disco è ineccepibilmente ben congegnato, ottimamente scritto e suonato in modo incredibile dagli interpreti, ma a mio modo di sentire, spesse volte le troppe orchestrazioni fagocitano letteralmente gli strumenti classici facendo diventare il disco un po’ lento e poco lineare, dando un senso di pesantezza a tutta la composizione. Un disco per gli amanti delle orchestrazioni estreme, la melodia e gli orpelli, molto meno indicato per chi vuole sentire il metallo vivo, guizzante e perché no, anche meno artefatto, forse meno perfetto ma più fruibile.

Recensione a cura di Igor Gazza
Voto: 7/10 

Tracklist:
1. 2101: Ruins of Our World - Prologue 
2. Faithless Times 
3. For a New Tomorrow 
4. The Astral Gates 
5. Under This Bleeding Sky 
6. Paralyzed - Interlude I 
7. Beyond 
8. Fragments 
9. Code Red - Interlude II 
10. Eyes of the Wolf
11. The Fortress Tower 
12. The World I Left Behind

Line-up
Michele Olmi - Drums
Davide Baldelli - Keyboards
Filippo "Fil" Tezza - Vocals
Xavier Rota - Bass
Frank Campese - Guitars

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