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ARTIFICIAL HEAVEN “Digital Dreams” (Recensione)


Full-length, My Kingdom Music
(2023)

Ebbene sì, a volte mi capitano sulla scrivania album da recensire che non sono strettamente legati alla corrente Heavy Metal, che poi è quella che sento di mia pertinenza, con al massimo qualcosa di Harsh EBM come :WUMPSCUT: o Hocico. Qui siamo dalle parti di certo Gothic Rock e Post Punk, generi di cui ho zero esperienza e competenza. Metto le mani avanti e confesso la mia ignoranza totale circa formazioni storiche del genere a cui questi Artificial Heaven si rifanno, come Bauhaus, Sisters of Mercy, Fields of the Nephilim e Killing Joke, fra gli altri. Non potrò quindi fare alcun tipo di confronto con quei gruppi e quei lavori fondativi del genere, avendone cognizione solo in virtù della loro fama ormai di “pubblico dominio”, ma su cui non ho mai, mea culpa, indagato a fondo. Poco male, vorrà dire che faremo un’analisi da profani, da chi si approccia ad un genere per la prima volta senza nessun background specifico. Da bravo fissato per le arti visive (in realtà sono fissato un po’ di tutto, ma meglio soprassedere!), se avessi dovuto basarmi solo sull’artwork di copertina, ammetto che non sarei stato molto invogliato all’ascolto.

Sicuramente sarà un’immagine in linea con il concept dietro alla band, come il loro stesso nome suggerisce, però non so, mi ha ricordato, a prima vista, sapete cosa? La discutibile front cover di “Virtual XI” degli Iron Maiden, un disco che non associo esattamente ad un ascolto piacevole! Però possiamo noi giudicare un libro dalla copertina? Certo che no, e quindi via con l’ascolto, ricordando che le mie considerazioni, oltre ad essere ovviamente soggettive e opinabili, sono anche filtrate dall’orecchio di un musicista e, prima ancora, appassionato di musica Metal.

M’è balzato subito all’occhio, o meglio, all’orecchio, la perfetta qualità di registrazione: potente, pulita, senza sbavature o sviste in fase di mix o equalizzazione. L’esecuzione mi sembra anch’essa di tutto rispetto: i musicisti coinvolti sono preparati e si sente, capaci come sono di eseguire tutto con precisione da metronomo. Anche gli arrangiamenti, e la scrittura in generale dei brani, mi sembrano tutto fuorché improvvisati: c’è studio e preparazione dietro questo album, e la resa finale è nulla meno che professionale! La voce del cantante è… particolare! Ha una timbrica che - vi prego, non tiratemi pomodori e uova marce – mi ricorda, vagamente, Piero Pelù! Ora, magari questo può essere un complimento o uno dei peggiori insulti che si possano fare: per me, che non ho mai seguito i Litfiba, è semplicemente il primo riferimento che mi è venuto in mente! Pensate che feci lo stesso paragone anche per Vintersorg, chiaramente quando si avvale della sua voce pulita, e l’accostamento mi venne spontaneo sentendo anche i dischi del progetto Otyg che vedeva coinvolto il musicista svedese alla fine degli anni ‘90.

C’è anche una certa venatura Metal, che emerge magari in qualche passaggio più distorto o in qualche pattern ritmico in cui si sente la batteria, e in particolare la doppia cassa, scandire il tempo in un modo assai familiare per quelli come me! Disco quindi più che gradevole, per i miei gusti: magari non inventa nulla, o potrebbe sfruttare stilemi già collaudati (o abusati) nell’ambiente musicale a cui la band appartiene, ma essendo io, come anticipato, un ascoltatore del tutto ignaro circa le influenze dichiarate dalla band, mi faccio andar bene un certo effetto “novità”!

Recensore: LV-426
Voto: 7,5/10


Line-up:
Fabio Oliva – voce
Fed Venditti – chitarre
Lorenzo Valerio – batteria
Stefano Romani – basso

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